Archivi del giorno: 31 agosto 2011

Inside Scientology mantiene le promesse: David Miscavige ha di che preoccuparsi

NEL FRATTEMPO CHE LA TEMPESTA PERFETTA RAGGIUNGA L’ITALIA, QUESTA SERA INTRODUCO L’INTERVISTA CHE TONY ORTEGA HA FATTO A JANET REITMAN, AUTRICE DI ” INSIDE SCIENTOLOGY”

RINGRAZIO SIMONETTA PO CHE HA TRADOTTO L’INTERVISTA SUL SUO SITO E NE HA FATTO UNA INTRODUZIONE.

BUONA LETTURA !

Nel luglio 2011 è uscito il volume Inside Scientology: The Story of America’s Most Secretive Religion di Janet Reitman. In 


Recensione di Simonetta Po (agosto 2011)

Ho appena finito di leggere Inside Scientology – the Story of America’s most Secretive Religion di Janet Reitman, la giornalista di Rolling Stone che nel 2006 scrisse un eccellente articolo dallo stesso titolo. Articolo che poi è stato espanso fino a diventare questo notevole volume.

Sono 412 pagine (di cui 40 di note di approfondimento) che si leggono in un fiato. Quello della Reitman è un libro agile, avvincente, scritto con grande stile narrativo e altrettanta accuratezza. E, giusto per non farsi mancare nulla, comprende 8 pagine di bibliografia selezionata e ancora due pagine di ringraziamenti, tra cui quelli ai gestori di siti web e ai critici online il cui lavoro paziente e gratuito l’autrice ha potuto liberamente consultare [1] per cucire assieme quella che è senza dubbio la storia più completa e obiettiva mai scritta su Scientology.

Il libro è diviso in quattro parti e 17 capitoli.

I primi 6 capitoli (125 pagine) ripercorrono la storia di L. Ron Hubbard, la nascita di Dianetics, della Chiesa di Scientology, della Sea Org. La Reitman attinge grandemente a quelle che fino a ieri erano le pietre miliari della narrativa sul movimento: Bare Faced Messiah di Russell Miller (1987) [qui in italiano] e A Piece of Blue Sky di Jon Atack (1990) [qui in italiano].

Ciò che rende il lavoro della Reitman una nuova pietra miliare è l’aver magistralmente raccontato il periodo successivo, ripartendo là da dove Miller e Atack si erano fermati: Miller con la morte di Hubbard e Atack con l’ascesa al potere di Miscavige. La Reitman però ha consultato anche altri testimoni diretti del periodo e soprattutto ha il grande merito di aver contestualizzato storicamente le varie “fasi” di Scientology e i differenti motivi di fascino che ha esercitato sui giovani nei diversi momenti storico-sociali americani. Scientology ha sempre saputo “cavalcare l’onda” e reinventarsi, a differenza della grande maggioranza di movimenti religiosi giovanili nati nello stesso periodo e morti nel giro di pochi anni.

Per far meglio comprendere questi aspetti, l’autrice prende a emblema le storie personali di alcuni membri, non necessariamente fuoriusciti: Helen O’Brien [2]per gli anni ’50, Jeff Hawkins per gli anni ’60/’70, [3] Lisa McPherson per gli anni ’80, le seconde generazioni per l’attualità.

La Reitman dimostra grande sensibilità nel narrare gli eventi, una sensibilità che secondo me mancava negli altri libri scritti sull’argomento: i giornalisti hanno sempre rincorso più la notizia che una reale comprensione del fenomeno, gli ex membri hanno a volte peccato di eccessivo “vittimismo”, gli accademici (pochi in realtà quelli che hanno affrontato la materia) [4] hanno usato il freddo linguaggio della scienza sociale. Tutti a loro modo sono molto utili per fare il quadro generale, ma nessuno è stato in grado di far cogliere i diversi punti di vista e l’umanità dei protagonisti come ha fatto la Reitman.

Dopo aver analizzato la scalata di Miscavige fino alla definitiva presa di potere (e la sua narrazione fa comprendere molte cose mai prima così bene esplicitate), la Reitman dedica tutta la Terza Parte del libro (4 capitoli) a Lisa McPherson: la sua storia di donna, la sua storia di praticante di Scientology, la sua agonia al Fort Harrison, che cosa ha rappresentato la sua morte per Scientology e per Miscavige. E’ un racconto vibrante e appassionato che, anche in questo caso, fa comprendere molto sui motivi dell’affiliazione, dell’appartenenza, dell’obbedienza. Al di là della “verità giudiziaria”, nella storia di Lisa dobbiamo anche vedere una “verità umana” e una morale; la Reitman eccelle anche in questo senso dipanando la storia dall’inizio alla fine e dimostrando grande sensibilità verso tutti i protagonisti della vicenda (che non sono pochi e sono soprattutto degli scientologist dedicati).

La Quarta Parte affronta la strategia delle celebrità – con un capitolo intero su Cruise (nessun pettegolezzo alla Morton…) – e poi racconta le seconde generazioni, mettendo a confronto l’entusiasmo dei giovani nati in Scientology, il loro modo di vivere la loro realtà “data” (per loro non si tratta infatti di conversione, come lo fu per i genitori) fino a entrare ancora adolescenti nella Sea Org e, nel caso di alcuni, “l’amaro risveglio” dopo anni di fedele servizio a “INT”, il quartier generale nel deserto della California e luogo di residenza di Miscavige. Alcuni dei protagonisti di queste storie sono nomi ormai noti, comeMarc e Claire Headley, mentre altri sono inediti.

La narrazione non si avvale unicamente dei racconti degli ex, come è invece stato per altri libri, ma anche delle opinioni dei seguaci contenti e degli “indipendenti”, la novità degli ultimi anni. Non che gli indipendenti non siano mai esistiti, [5] ma mai prima d’ora avevano potuto contare su uno strumento così potente come Internet per farsi sentire e per organizzarsi.

La Reitman precisa che la collaborazione della Chiesa di Scientology è stata abbastanza scarsa, benché all’inizio non fossero mancati momenti collaborativi, in particolare con Mike Rinder, all’epoca dei primi contatti ancora il portavoce internazionale della Chiesa di Scientology, poi a sua volta fuoriuscito nel 2007. E’ per questo motivo che non ha potuto intervistare liberamente molti seguaci soddisfatti. I colloqui con gli “indipendenti” le hanno permesso di farsi un quadro più preciso della credenza in Scientology e in Hubbard, mentre ha scelto deliberatamente di non avvalersi della collaborazione degli “ex arrabbiati”, o che erano già conosciuti ai media (“ex professionali”) o che avevano cause in corso. Precisa che alcune delle sue fonti hanno avuto esposizione mediatica (o hanno scritto un proprio libro) solo dopo che lei li aveva già consultati e, in occasione dei suoi primi colloqui con loro, non avevano mai parlato prima in pubblico. [6] Le ricerche per il suo lavoro sono durate 6 anni e in un periodo così lungo molte cose sono destinate a cambiare.

Mark Rathbun non ha voluto farsi intervistare per il libro e l’autrice ha attinto ai post del suo blog. Lo stesso vale per Mike Rinder, che in veste di portavoce le aveva dato un grosso aiuto per comprendere alcuni degli aspetti più positivi di Scientology e di Hubbard.

Concludendo, “Inside Scientology” è un libro obiettivo e perciò di grande interesse, è frutto di un’accurata ricerca, è scritto molto bene e lo consiglio vivamente a chiunque voglia andare oltre il pregiudizio. E’ possibile ordinarlo a prezzo scontato su Amazon, sono una ventina di euro molto ben spesi.

Note:

1. Ben diverso è stato il comportamento di alcuni autori, curatori, giornalisti, presunti esperti italiani che copiano a man bassa da Internet facendo passare per proprio il lavoro altrui e arrivando, in alcuni casi, a omettere deliberatamente i riferimenti che considerano “scomodi”, come più volte documentato su free.it.religioni.scientology;

2. Ho tradotto in italiano il suo Dianetics in a Limbo;

3. Ho tradotto in italiano il suo Counterfeit Dreams, la migliore storia di ex che abbia mai letto, migliore nel senso che ti fa capire tanti “perché” altrimenti difficilmente comprensibili;

4. E’ in uscita a settembre 2011 The Church of Scientology: a History of a New Religion di Hugh B. Urban, professore di studi religiosi alla Ohio State University. Nel 2009 è uscito inveceScientology a cura di James R. Lewis, un’apprezzabile raccolta di articoli accademici di vari autori;

5. Nel movimento hubbardiano ci sono stati altri “esodi di massa” a iniziare dai tempi di Dianetics. In seguito, la pubblicazione nel 1965 della HCO PL “Mantenere Scientology in funzione” risultò indigesta a parecchi, che in Scientology vedevano l’antitesi stessa dell’autoritarismo e a cui quella direttiva fece comprendere di appartenere invece a un gruppo fortemente autoritario e antidemocratico, per nulla “pacifico” o “pacifista”. Infine, la presa di potere di Miscavige, lo smantellamento del network delle missioni, l’istituzione della “Polizia Finanziaria” provocarono l’uscita di migliaia di membri e la nascita del primo movimento indipendente strutturato, la Free Zone di David Mayo.

6. Tra cui: Jeff Hawkins, Marc e Claire Headley, Nancy Many, Steve Hall, Kendra Wiseman, Mark Fisher, Amy Scobee e altri.


Inside Scientology mantiene le promesse: David Miscavige ha di che preoccuparsi

© Di Tony Ortega, 13 giugno 2011.Il mese prossimo il libro Inside Scientology di Janet Reitman arriverà in libreria e per gli osservatori di Scientology, per la stessa Scientology, il mondo non sarà più lo stesso.

Con il sottotitolo: storia della religione più elusiva d’America, il libro vi dà ciò che promette, e promette molto.

«Il mio intento era scrivere la prima storia moderna e obiettiva della Chiesa di Scientology», dice la Reitman nell’introduzione. «Obiettivo di Inside Scientology è tradurre [l’arcano] linguaggio di L. Ron Hubbard e distinguere il mito dai fatti.»

Progetto ambizioso. E alla fine delle sue 369 pagine vi convincerete che non solo la Reitman ha mantenuto fede ai suoi intenti, ma ha ripercorso in modo approfondito e lodevole la miglior storia su L. Ron Hubbard, David Miscavige, Scientology e il suo strano passato, presente e possibile futuro che sia mai stata scritta.

Detto questo, il sottoscritto osservatore di lungo corso di Scientology deve ammettere alcune iniziali perplessità sul vigoroso libro della Reitman. Poche pagine dopo la promessa di dare così tanto, a pagina 3 della copia preliminare l’autrice sbaglia l’anno di morte di L. Ron Hubbard (mi è stata promessa una copia finale del libro, e spero che questo errorino sia stato corretto [no, non lo è stato e l’anno di morte riportato è ancora il 1985, invece che il 1986 – N.d.T.]. Nelle pagine seguenti, dedicate ai primi anni di Hubbard, ci sono alcune evidenti omissioni che mi avevano preoccupato circa il suo approccio. Ma come, mi sono detto, citi la carriera universitaria di Hubbard senza sottolineare che questo auto-dichiarato “fisico nucleare” fu bocciato all’unico esame di fisica nucleare che provò a dare? Descrivi in parecchie pagine la nota collaborazione occulta tra Hubbard e lo scienziato del CalTech Jack Parsons, e non racconti la parte più bella, il loro eccentrico tentativo di creare un “moonchild”?

Poco a poco, però, le decisioni della Reitman su che cosa utilizzare diventano chiare. La sua ricostruzione è la migliore narrazione globale di Hubbard e della sua creatura dai tempi pionieristici di Russell Miller (Bare Baced Messiah – in italiano) e soprattutto del capolavoro di Jon Atack sui primi anni della chiesa, A Piece of Blue Sky [in italiano]. Entrambi, in particolare il lavoro di Atack, sono di difficile reperibilità. La Reitman invece sarà presto nelle librerie di tutto il paese, il che potrebbe rappresentare un grosso problema per l’attuale dittatore di Scientology, David Miscavige. Che da quel libro non esce per niente bene.

Se negli ultimi anni di vita Hubbard era diventato un patetico, elusivo e paranoico “germofobo” paragonabile all’ultimo Howard Hughes, lo scrittore di fantascienza era però almeno abbastanza avvezzo al mondo da rivedere le sue regole, piuttosto che alienarsi la lealtà dei seguaci. Miscavige, al contrario, ne esce come un caso di sviluppo interrotto, un dittatore incrollabile capace di terrorizzare legioni di seguaci e spingerli in ciò che la Reitman definisce un “esodo di massa”.

Nel corso della narrazione la Reitman ripercorre tutte le fasi salienti della storia di Scientology; il suo lavoro di ricerca originale è eccellente, ha intervistato testimoni oculari di ogni singolo periodo dello sviluppo dell’organizzazione e ciò rende il suo libro una lettura assolutamente avvincente, indipendentemente da quanto sia arcana la materia.

Utilizzando i racconti personali di fuoriusciti recenti come Jeff Hawkins, Marc Headley e sua moglie Claire – tutti nomi familiari ai lettori del Voice – e di molti altri ancora, i periodi più lontani dell’evoluzione della chiesa vengono resi attuali ed eccitanti. Hawkins, per esempio, fornisce quel tocco personale che aiuta a spiegare perché Hubbard trasferì il centro della sua creazione da un grande maniero in Inghilterra a una nave che solcava il Mediterraneo e i Caraibi, per poi impossessarsi di una cittadina della Florida.

Per me il libro entra veramente a pieno regime con l’accurato e avvincente racconto della scalata al potere di David Miscavige, quando da giovane e fanatico membro della Sea Org architettò il suo percorso fino ai più alti livelli della chiesa, tanto da sbarazzarsi di quel Pat Broeker che, poco prima di morire, Hubbard aveva designato come suo successore. Quella storia non era mai stata raccontata con tale maestria e autorevolezza.

Con pari intelligenza la Reitman sceglie di parlare della fase successiva della storia di Scientology attraverso gli occhi di Lisa McPherson. Che sappiate molto o poco del destino ultimo della McPherson, questa parte del libro colpisce il lettore direttamente allo stomaco. Il suo caso è trattato in tre o quattro capitoli che ci illustrano come una seguace della chiesa come la McPherson può appassionarsi moltissimo a Scientology e come tutto possa andare nel modo peggiore. Mai prima d’ora un giornalista aveva saputo raccontare la storia della McPherson in modo così comprensivo e dettagliato, e nemmeno inchiodare Miscavige in modo così convincente al ruolo personale avuto nell’intera vicenda.

La Reitman ha ragione nel dire che Scientology, sotto Miscavige, non si è mai realmente ripresa dalla morte della McPherson. Ma nella Parte Quarta del suo libro cambia registro e si concentra sulle celebrità che tanto fanno per la visibilità di Scientology. Uno dei capitoli è interamente dedicato a Tom Cruise, e scopriamo presto il perché. Jason Beghe, altro coccolato attore scientologist che poi ha lasciato il movimento, mi ha raccontato che Cruise si allontanò dalla chiesa per un decennio, prima di tornare in grande stile come suo miglior proselitista. E ora la Reitman ci racconta tutta la storia di quell’allontanamento e della sua attuale fase quasi maniacale, dimostratasi così disastrosa per la chiesa.

Poi la Reitman cambia di nuovo registro e questa volta si concentra sull’opposto delle star coccolate: i ragazzi comuni, i giovani cresciuti nella chiesa. Contrappone il racconto di una ragazza innamorata di tutto ciò che Scientology le ha dato con quello di altre giovani donne che alla fine sono scappate dalla chiesa. In tutti i capitoli l’autrice si sforza di far comprendere agli outsider quale sia l’ambiente di Scientology, quali le pressioni esercitate sui membri affinché paghino grandi quantità di denaro, e allo stesso tempo riesce a tradurre il difficile linguaggio della “tecnologia” di Hubbard. Arrivati alla fine sarete in grado di pensare in termini di “withhold” e “scala del tono” come se fosse una vostra seconda natura.

Altrettanto formidabile è l’ultima parte del libro, in cui la Reitman ci accompagna a “Int”, la misteriosa sede generale di Scientology situata nel deserto della California meridionale. Se avete letto l’eccellente racconto della fuga di Marc Headley, Blown for Good avrete già familiarità con l’austerità, la segretezza e la natura oppressiva del lavorare a “Gold”, altro nome della base nel deserto. Ma la Reitman riesce quasi a farci piangere con la storia di una fuga dalla base di cui non ero a conoscenza. Il racconto che fa delle esperienze di Stefan e Tanja Castle vale da solo il prezzo del libro. La giovane coppia lavorava a Int, dove le regole severe e bizzarre di Scientology, che limitano il tempo libero e la libertà di movimento, rendono piuttosto difficile mantenere in vita un matrimonio. Tanja lavorava alle dirette dipendenze di Miscavige, a cui piace contornarsi di attraenti subalterni di sesso femminile. Nel corso del tempo l’irritazione di Stefan crebbe sempre più: non riusciva quasi mai a vedere la moglie. Sapeva però che esprimersi apertamente era pericoloso. Alla fine ne parlò con Shelly, la moglie di Miscavige (ora svanita nel nulla). Poco dopo si trovò deferito al RPF di Los Angeles, il tristemente noto campo di quasi prigionia della chiesa, dove avrebbe fatto lavori molto umili per quasi due anni. Nel frattempo Tanija subiva pressioni per divorziare dal marito.

Le cose peggiorarono quando Stefan “fece blow” – gergo scientology per “fuga” – e poi cercò di riunirsi alla moglie, la quale subì pressioni ancora più forti per divorziare. Il modo in cui, con l’aiuto degli Headley, Stefan riuscì a contattarla e ad architettare una fuga in piena notte beh… sarebbe un crimine non trasformare il libro della Reitman in un film.

Alla fine del volume l’autrice torna a Natalie Walet, la giovane donna felice di essere scientologist. Termina il libro con ciò che sembra essere un diretto monito a Miscavige: se il minuscolo leader di Scientology non riuscirà a trovare il modo per mantenere contenti i giovani come Natalie, non solo contenti della loro religione ma anche in grado di affrontare tutte le informazioni negative su di essa e, in qualche modo, di gestire i dubbi dei molti scientologist che stanno uscendo o stanno pensando di farlo, allora la Chiesa di Scientology è condannata.

Date le conclusioni, la scelta del materiale da utilizzare per il libro fatta dalla Reitman acquisisce molto senso. Ritengo che l’autrice speri sinceramente che gli attuali membri di Scientology lo leggano e riflettano sull’indirizzo che ha preso la loro organizzazione (in realtà, i sempre vigilanti operativi di Miscavige probabilmente istruiranno i pochi scientologist superstiti a non leggerlo).

Ma la cosa più importante è che le molte persone che ancora non sanno cos’è Scientology, nonostante decenni di denuncie, numerosissimi siti critici, gli episodi di South Park e montagne di articoli di giornale e blog, troveranno in un solo libro una incredibile visione di insieme del tutto: dall’adolescenza di L. Ron Hubbard negli anni ’30 fino al blog anti-Miscavige di Marty Rathbun, che al momento sta dando al leader della chiesa numerosi grattacapi.

Inside Scientology è il frutto del lavoro di una giornalista coraggiosa e informata, sostenuta da un editore di primaria importanza che indubbiamente lo lancerà in grande stile: il libro della Reitman potrebbe presto diventare il maggior grattacapo di Scientology da molti anni a questa parte.


Janet Reitman: colloquio con l’autrice di Inside Scientology

© Di Tony Ortega, 24 giugno 2001.Martedì abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Janet Reitman, autrice dello straordinario nuovo libro Inside Scientology: The Story of America’s Most Secretive Religion che sta ora arrivando nelle librerie e sarà lanciato ufficialmente a luglio [2011].

Inside Scientology è un capolavoro che racconta la storia di Scientology, dalla carriera di L. Ron Hubbard come autore di pulp fiction negli anni ’30, fino agli eventi accaduti appena lo scorso anno, quando un movimento Indipendente si separa dall’attuale leader di Scientology David Miscavige. Nel farlo, la Reitman si concentra in modo brillante su persone come Jeff Hawkins, Nancy Many e Lisa McPherson per aiutarci a comprendere il fascino di Hubbard e della sua “tecnologia”, oltre che le controversie che da decenni circondano il movimento.

Vorremmo sapere da lei: chi è Janet Reitman e come ha messo assieme un libro tanto straordinario?

«Sono stata per anni la tipica free lance che cercava di sopravvivere», mi dice mentre ci accomodiamo nella sala conferenze in un labirinto di piccoli uffici della DUMBO. Fece addirittura uno stage al Voice, mi fa sapere. Ma ciò che voleva veramente fare dopo essersi laureata al corso di giornalismo della Columbia University nel 1992 era l’inviato all’estero. Fu questo che, alla fine, la fece approdare a Rolling Stone, che la inviò in Iraq per buona parte del 2004. Dopo 8 mesi come inviata di guerra, disse ai suoi capi che per il 2005 voleva trovare qualcosa di diverso.

«Tom Cruise stava saltando sui divani, giusto?», aggiunge ridendo.«Credo che da molto tempo i miei capi volessero fare qualcosa su Scientology. Io sostanzialmente a quel punto ero la “ragazza della guerra in Iraq” e temevano che fossi incredibilmente scoppiata, che avrei sofferto di sindrome da stress post-traumatico, che avessi bisogno di fare altro. Il mio caporedattore me la buttò lì. “Ti mescolerai a loro. Perché non gli scrivi una lettera dicendo che ti piacerebbe osservarli dall’interno?” Ovviamente la Chiesa di Scientology rispose negativamente.»

Ciò che decise di fare è spiegato all’inizio del libro: «Andai all’org di New York [sulla 46esima…], fui sostanzialmente me stessa. Cambiai leggermente il mio cognome scambiando una lettera. Dissi che ero una scrittrice creativa, che mi ero appena laureata alla Columbia (ed è vero, ma era successo dieci anni prima). Raccontai qualche piccola frottola sulle circostanze. Parlai del mio ragazzo – voglio dire, non feci il suo nome, ma fui onesta. Dissi che volevo smettere di fumare e che in generale ero stressata.

«Quella fu la mia prima esperienza. Al termine di quella prima giornata continuavo a chiedermi: “che cos’è che non va in questo gruppo? Non vedo nulla di strano. Ha funzionato”. Quella è una cosa che mi fece riflettere: se questa roba ha funzionato su di me, che sono una persona decisamente scettica, allora c’è qualcosa sotto oppure no?

«Dopo un paio di giorni mi sorbii una sfiancante conferenza introduttiva che mi fece un tizio. Nella stanza c’eravamo solo noi due. Cominciò a raccontarmi che cos’è Scientology, tutta la terminologia, tutti i dettagli di L. Ron Hubbard sugli engram. Alcune cose sembravano esistenzialiste, gli chiesi lui avesse mai letto i filosofi esistenzialisti ma ovviamente non l’aveva fatto. Mi fu sempre più chiaro che se vai all’università e fai studi umanistici ti rendi conto alla svelta che è qualcosa che si basa su un sacco di cose diverse, che è stata confutata in moltissimi modi. Alcuni dei suoi aspetti sono palesi bugie. Come gli psichiatri che sarebbero alla base dell’Olocausto. Capisci, ci sono delle palesi omissioni di fatti. Ma se sei uno che non ha quel tipo di educazione, allora tutto suona molto plausibile, veramente brillante.

«Le persone che ho incontrato in Scientology sono persone in gamba. Devono essere in grado di leggere quei libri, che non sono libri facili. Non sono degli stupidi. Semplicemente non hanno avuto i vantaggi che alcuni di noi hanno avuto.»

Dopo l’esperienza all’org di New York, la Reitman si recò a Clearwater, Florida, la sede spirituale della chiesa dove i membri vanno per l’addestramento di alto livello. «È una bolla, una campana di vetro, un universo parallelo», ci racconta la giornalista nel parlare del modo in cui gli scientologist si separano dal resto della società, anche se ci vivono in mezzo. «Appaiono del tutto laici, “normali”. A Clearwater arrivano gli scientologist ricchi per fare i corsi di livello più alto. Non sembrano persone di una setta. Sono esattamente come tutti gli altri che incontri tutti i giorni.»

A Clearwater la Reitman ebbe accesso a diverse strutture Scientology e dice di essersi dovuta impegnare parecchio per cogliere il punto di vista della chiesa su diverse questioni. In tutto, il suo articolo per Rolling Stone le costò nove mesi di lavoro. Poi, nel gennaio del 2006 e poco prima di andare in stampa, la giornalista inviò un elenco di ulteriori domande a Mike Rinder, all’epoca portavoce principale della chiesa (ha lasciato Scientology l’anno successivo e da allora ne è diventato un suo importante critico).

La Reitman racconta che, al ricevimento del suo elenco, Rinder “uscì di testa” e le disse che non aveva ancora colto del tutto la versione della chiesa. A quel punto, Rolling Stone la mandò in California per una visita di tre giorni.

«Mike Rinder e Tommy Davis mi portarono in giro per tre giorni e per me fu un’esperienza straordinaria. È stato un accesso senza precedenti, ed è stato ciò che ha informato tutto il mio libro. C’ero andata per farmi guidare, ma parte del loro “guidarti” consiste nell’esauriti completamente, arrivano alle 8 del mattino e restano con te fino alle 8, alle 10 di sera, e tu sei rimbambita dal jet-lag

Rinder e Davis la accompagnarono nella base elusiva [ed esclusiva] di Hemet (nel deserto della California), in una importante scuola Scientology e al gruppo di facciata anti-psichiatrico di Scientology, il Cizitens Commission on Human Rights [in Italia, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani – CCDU, che sostiene di non avere legami con la Chiesa di Scientology – N.d.T.]. Durante quelle visite – ci racconta – continuò a punzecchiare Rinder con domande difficili e riuscì ad ottenere risposte “non censurate”. «Ebbi la sensazione che lui volesse dirmi molto più di quanto potesse: lo rispetto molto», racconta. «Mike Rinder ha informato ogni pagina del mio articolo che riporta il punto di vista di Scientology.»

Per il suo giornale l’articolo fu un gran colpo e il suo agente le disse che diversi editori erano potenzialmente interessati a ricavarne un libro. Scrisse una proposta e la vendette immediatamente. Le ho chiesto perché degli editori si sarebbero dovuti interessare a un nuovo libro su Scientology.

La Reitman ritiene che il suo accesso senza precedenti l’abbia aiutata a vendere il libro, ma che c’entri anche il modo in cui i media hanno modificato il loro approccio a Scientology. «Tom Cruise era fuori controllo. Ha fatto notizia, più di una volta… tutta la storia era bizzarra, affascinava la gente. E credo, immagino… che gli editori avvertissero che c’era interesse», mi dice.

Ma l’interesse principale della Reitman non erano le celebrità. Lei voleva scrivere un libro che cogliesse ciò che L. Ron Hubbard e Scientology significavano per i membri più prosaici di quella religione,voleva avere il loro punto di vista, non solo ripercorrere le molte controversie della chiesa.

«La miglior lezione che mi è stata insegnata da Jann Wenner di Rolling Stone è stata quella di eliminare ogni e qualsivoglia linguaggio pregiudiziale su qualunque cosa scrivessi, perché il materiale, in sé, è talmente ricco da parlare da solo. Ho fatta mia quella lezione», mi spiega. Nonostante si sia mantenuta su un tono di obiettività, non sa se gli scientologist si renderanno conto dei suoi sforzi.

«Non so nemmeno se riusciranno a leggere il mio libro», mi dice. Ma per lei era molto importante non ignorare il loro punto di vista. «Scientology significa qualcosa di diverso per ognuno di noi, perché siamo tutti diversi. Persone che ho incontrato mi hanno riferito quanto essa abbia funzionato per loro. Come Natalie Walet. Natalie è cresciuta nella chiesa, ma pensa con la sua testa. Sta per entrare alla facoltà di legge, ed è fantastico. Per lei Scientology funziona. Non mi permetto di giudicare. Io non sono religiosa, ma ho sicuramente incontrato persone che credono che l’estasi possa avvenire. Chi sono io per giudicare le credenze altrui?»

Ha trovato particolarmente impressionante le conversazioni avute con i giovani scientologist. «I bambini Scientology sono veramente notevoli», mi dice. Se è vero che per certi versi sono stati cresciuti nella “bolla”, è altrettanto vero che impressionano per quanto sono concentrati e per come si presentano bene. «La maggioranza degli adolescenti non riesce a comunicare o a conversare, i ragazzini Scientology sì». Però, «ho incontrato questi adolescenti che per certi versi sono fantastici, ma che non ti sanno dire come è composto il nostro Parlamento. La loro istruzione è molto carente, e questa è una tragedia.»

Altro punto chiave per mantenere l’obiettività è stata la scelta delle persone da intervistare, dai cui racconti attingere per il suo libro. «Per me la scelta delle persone è stata fondamentale – ed è stata un’impresa difficile», mi dice. «Volevo soprattutto evitare quelli troppo esposti, i critici noti. Avrebbero diffamato la chiesa, perché hanno dei conti da pareggiare. Volevo trovare gente che non avesse conti in sospeso.»

Ma trovare quelle persone non era sufficiente – la Reitman era determinata ad avere la loro voce, con nome e cognome. «Con loro ho usato questo ragionamento: avete il potere del numero. Se tutti voi parlate apertamente con nome e cognome, non potranno darvi fastidio. Ma se lo fate nell’anonimato, allora vi potranno intimidire e nessuno accorrerà in vostro aiuto perché nessuno sa chi siete.»

Il libro della Reitman cerca di presentare il punto di vista della chiesa e anche quello dei suoi critici. Ma non evita di raccontare gli abusi sui membri, e le ho fatto domande in proposito.

«Per me, quando si parla di abuso si parla di abuso psicologico. L’abuso di pensare costantemente che il Grande Fratello ti sta controllando. Di non sapere di chi ti puoi fidare. Che i tuoi pensieri possono essere usati contro di te», mi dice.

Viceversa, la Reitman è abbastanza scettica sul fatto che il leader di Scientology David Miscavige abbia fisicamente maltrattato i suoi dipendenti. «Non ti so dire se li abbia picchiati o no. Non lo conosco. A me sembra il peggior Presidente del Consiglio (COB) che possa esistere.»

Però la giornalista non dubita del fatto che le donne membri della Sea Org – lo zoccolo duro dei dipendenti della chiesa, che vengono pagati pochissimo e firmano un contratto da un miliardo di dollari – siano state spinte ad abortire. «Mandi quelle donne ad abortire alla clinica della Planned Parenthood e ti assicuri che dicano di essere indigenti, in modo che non debbano pagare per l’intervento. E intanto, nella maggioranza dei casi, lo fai contro la volontà di quelle donne. E poi non possono dirlo ai loro mariti e non possono parlarne con gli altri, sia che si tratti di una decisione autonoma oppure no.»

Un caso di abuso risalta sugli altri, racconta la Reitman. «Ciò che è accaduto a Lisa McPherson, il suo imprigionamento fisico posto in essere da chi si occupava di lei. Per me quello è l’abuso più eclatante.»

La McPherson ha un ruolo centrale nel libro della giornalista, la sua storia si dipana per quattro capitoli e racconta il percorso della donna da membro incredibilmente entusiasta di Scientology alla sua morte, avvenuta nel 1995 al Fort Harrison Hotel di Clearwater.

Le ho chiesto perché, a distanza di 16 anni, la morte della McPherson giochi un ruolo ancora così centrale nella storia di Scientology.

«Perché in Scientology nulla cambia», mi ha risposto. «Il problema sostanziale è che si tratta di una religione fondamentalista. Miscavige è un leader fondamentalista.

«Questa è un’azienda spirituale globale a cui negli Stati Uniti e in un paio di altri paesi è stato dato l’imprimatur di religione. In altre nazioni, come la Germania, non vengono considerati una religione. In Israele non lo sono, sono soltanto un gruppo di auto-aiuto. Nel corso degli anni è stato più volte suggerito che se si presentassero ovunque come un gruppo di auto-aiuto sarebbe molto meglio. Ma non lo hanno fatto. E tutto questo è avvenuto nel periodo di David Miscavige.»

In altre parole, piuttosto che evolversi Scientology sceglie l’immobilismo. «Il loro approccio mentale è che qualsiasi cosa detta o scritta da Hubbard sia “Sorgente”, è dottrina. La cosa viene presa alla lettera. E fino a quando avranno questa interpretazione letterale di qualsiasi cosa, [ciò che è accaduto alla McPherson] potrebbe accadere di nuovo.»

Ma la Reitman sostiene che il percorso della McPherson contiene anche un’altra lezione. La donna era rimasta traumatizzata da un brutto matrimonio e si era rivolta a Scientology per auto-aiuto, per migliorare la sua vita e inizialmente fu proprio così.

«Questa idea dell’auto-aiuto e dell’auto-miglioramento è rilevante ancora oggi», aggiunge. «L. Ron Hubbard fu la prima Oprah. Lo è stato! Questo tizio prometteva di avere questo metodo che diceva essere scientifico e funzionale, che saresti stato meglio, avresti avuto una vita migliore, avresti avuto successo. Quella promessa è la promessa più americana che possa esistere. A tutt’oggi non è cambiata, con questa recessione e tanta gente che perde il lavoro. Credo che Scientology possa essere allo stesso tempo incredibilmente affascinante ma anche fuori portata per tanti, a causa dei suoi prezzi.»

La Reitman fa notare che stiamo attraversando un altro periodo in cui la gente è parecchio frustrata e desiderosa di qualcosa di meglio. È un periodo in cui Scientology potrebbe prosperare. Ma senza la capacità di Hubbard di vedere le tendenze più recenti della società, sembra stagnante.

«Quando durante la Guerra Fredda la gente aveva un bisogno disperato di aiuto psicologico, L. Ron Hubbard posizionò Scientology come un’alternativa alla psichiatria. Poi arrivarono gli anni ’60 e la ribellione giovanile, i giovani dicevano basta alla guerra e proprio lì in Dianetics Hubbard ti dice che quello è un modo per prevenire la guerra. Escogitò un modo per far sembrare la sua creatura molto più cool e meno marginale degli Hare Krishna, molto più attraente per i ragazzi della classe media. Negli anni ’70 sfruttò il fatto che stavamo diventando più visivi, e fece tutto quel materiale di studio audiovisivo. Fu prontissimo a reagire al rifiuto popolare delle droghe. Sfruttò il movimento del recupero e quello dell’auto-aiuto, e il movimento dello sviluppo personale- professionale. Poi L. Ron Hubbard è morto e sono cominciati i problemi.»

Però non è forse altrettanto vero che, al di là del suo carisma e della sua creatività, Hubbard inserì in Scientology anche alcuni dei suoi elementi più dannosi, come il Fair Game e la Disconnessione?

«Quello era il suo tallone di Achille. Hubbard era un paranoico. Soffriva di forti ansie. Voleva essere il re del suo mondo e per farlo dovette creare una società paramilitare. E forse non sapeva che quello è il tema de “Il Signore delle Mosche”.»

Oggi, senza la guida di Hubbard, la chiesa retta da David Miscavige non riesce ad adattarsi: «Il maggior problema di Miscavige è essere cresciuto nella chiesa, ha pochissima esperienza nel mondo esterno… Hubbard comprendeva che la gente ha interessi profondi e che quegli interessi cambiano… David Miscavige, dall’interno della bolla in cui vive, guarda fuori e vede che la cultura americana è ossessionata dalle celebrità. Che è ciò di cui ci importa. Ma per quanto la nostra cultura possa essere ossessionata dalle celebrità, nessuno entra in una religione perché Tom Cruise ne è un membro.»

In realtà, quando nel 2005 Cruise diventò esplicito su Scientology fece un sacco di danni. «Credo che tutte queste celebrità si rendano conto che ciò che Tom Cruise fece fu dannoso per la sua carriera e che loro non possono essere come lui. Anche Kristie Alley, anche Jenna Elfman, che per un po’ sono state molto zelanti, hanno fatto un passo indietro… credo abbiano capito che non fa bene alla loro carriera.»

Se le celebrità devono essere più caute, è affascinante vedere come sta fiorendo il nuovo movimento della “Scientology Indipendente”, nato dopo la ribellione contro il dominio di Miscavige di ex membri di alto livello come Marty Rathbun.
«Per me si tratta realmente di una religione. Se cerchi di migliorare la tua vita e la vita di chi hai intorno, senza sfruttarli, avrai più forza interiore.»«Scientology è una chiesa molto dottrinale, molto più del cattolicesimo. Voglio dire che si tratta di un’organizzazione veramente onnicomprensiva, avvolgente, ha altissime pretese, è profondamente intransigente e iper-controllante. Questi indipendenti stanno dicendo: “al diavolo l’organizzazione, ci faremo questa roba da soli, pagheremo molto meno perché, in realtà, questa roba dovrebbe essere gratuita. E la nostra vita migliorerà.

Come me, anche la Reitman è affascinata dal blog di Rathbun, espressione della resistenza al dominio di Miscavige e che attrae sempre più indipendenti.

«Credo che Marty venga percepito da David Miscavige come una grande minaccia perché è una sorta di Martin Lutero. Sta dicendo “hey, guardate che esiste un’alternativa”.»

E per quanto riguarda Scientology, sotto la guida di Miscavige?

«Credo che esistano due sole alternative: o cambia, o muore.»

Tony Ortega è il redattore capo di The Village Voice. Scrive su Scientology dal 1995.


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